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Apuleio
Metamorfosi (l'asino d'oro), IX, 36
 
originale
 
36. Nec tamen ille vaesanus tantillum praesentia multorum civium territus vel confusus, licet non rapinis, saltem verbis temperare voluit, sed illis clementer expostulantibus fervidosque eius mores blanditiis permulcentibus repente suam suorumque carorum salutem quam sanctissime adiurans adseverat parvi se pendere tot mediatorum praesentiam, denique vicinum illum auriculis per suos servulos sublatum de casula longissime statimque proiectum iri. Quo dicto insignis indignatio totos audientium pertemptavit animos. Tunc unus et tribus fratribus incunctanter et paulo liberius respondit frustra eum suis opibus confisum tyrannica superbia comminari, cum alioquin pauperes etiam liberali legum praesidio de insolentia locupletium consueverint vindicari. Quod oleum flammae, quod sulpur incendio, quod flagellum Furiae, hoc et iste sermo truculentiae hominis nutrimento fuit. Iamque ad extremam insaniam vecors, suspendium sese et totis illis et ipsis legibus mandare proclamans, canes pastoricios, villaticos feros atque immanes, adsuetos abiecta per agros essitare cadavera, praeterea etiam transeuntium viatorum passivis morsibus alumnatos, laxari atque in eorum exitium inhortatos immitti praecepit. Qui simul signo solito pastorum incensi atque inflammati sunt, furiosa rabie conciti et latratibus etiam absonis horribiles eunt in homines eosque variis adgressi vulneribus distrahunt ac lacerant nec fugientibus saltem compercunt, sed eo magis inritatiores secuntur.
 
traduzione
 
Ma quel pazzo, per nulla intimidito dalla presenza di tutti quei cittadini e tanto meno turbato, non solo non intese recedere dalle sue piratesche pretese, ma non volle nemmeno moderare le parole e, a quanti lo pregavano cortesemente e, con atteggiamento conciliante, cercavano di calmare la sua irruenza, egli per tutta risposta, giur? sulla sua vita e su quella dei suoi cari che se ne infischiava della presenza di tanti intermediari e che avrebbe ordinato ai suoi servi di prendere il suo vicino per le orecchie e di buttarlo fuori, il pi? lontano possibile, dalla sua catapecchia. Queste parole suscitarono lo sdegno violento di quanti fra i presenti le udirono e uno dei tre fratelli gli rispose subito per le rime dicendogli che invano egli, facendosi forte delle sue ricchezze, minacciava e tiranneggiava, perch? c'erano le buone leggi a garantire e proteggere i poveri dall'insolenza dei ricchi. Ci voleva questo discorso per far esplodere la furia di quell'uomo: infatti fu come se su una fiamma fosse caduto dell'olio, o in un incendio dello zolfo, o nella mano di una Furia fosse stata messa una frusta. Completamente fuori di s?, cominci? a inveire che avrebbe messo sulla forca tutti i presenti e le leggi comprese. E subito fece sguinzagliare e aizzare i suoi enormi e feroci cani da pastore, quelli che divorano i cadaveri abbandonati nelle campagne, allevati apposta per avventarsi, senza distinzione, su tutti i viandanti che transitavano da quelle parti. Quelle bestiacce, eccitate e provocate dai noti richiami dei pastori, fra latrati assordanti, si lanciarono contro quegli uomini con tutta la loro furia e la loro ferocia, li assalirono, li straziarono a furia di morsi, li fecero a pezzi, non risparmiando nemmeno quelli che cercavan di fuggire e sui quali, anzi, si avventarono con maggior rabbia.
 

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